Perché il nostro presidio del Popolo Viola del 4 gennaio

Domani quindi, il Popolo Viola torna a manifestare, in piazza Santi Apostoli, dalle 17 in poi, con il nostro presidio “Il Quirinale non è un Bunga Bunga”. Lo faremo perché riteniamo non solo irragionevole ma anche alquanto bizzarro che si pensi che colui che ha collezionato processi, leggi ad personam per sé e le sue aziende, gaffe sessiste, relazioni compromettenti possa rappresentare tutte le italiane e gli italiani.

Il nostro appello alla partecipazione è rivolto a tutte le donne, ma soprattutto a quelle che dovranno votare per la, come speriamo noi, o il Presidente della Repubblica: sarete più di 300 grandi elettrici, di centrodestra e di centrosinistra, senza di voi neanche Berlusconi potrà essere eletto. Ricordate quando disse “sono il primo a volere la presenza delle donne, carine e anche brave, in Parlamento“? E siete sicure di voler votare un uomo che ha detto che “basta sposare un milionario e il gioco è fatto!” e che, con le sue innumerevoli gaffe sessiste, ha svilito il ruolo della donna?

Ecco perché aspettiamo anche voi al presidio di domani 4 gennaio, in piazza Santi Apostoli, a Roma, dalle 17 in poi. Ricordiamo che rispetteremo distanziamenti e tutte le norme antiCovid e che, comunque, siamo prontissimi ad organizzare altre mobilitazioni per consentire a tutte le cittadine e i cittadini di opporsi anche solo all’idea di avere il Cavaliere Nero come candidato al Quirinale, che non è un Bunga Bunga.

Qui l’evento: https://fb.me/e/1j0ynAYVp

Un presidio contro Berlusconi al Quirinale, “sperando che non sia follia”

Mi sembra di essere il protagonista di quel successo di Battisti: “Ancora Tu? Ma non dovevamo vederci più?

In effetti è perlomeno paradossale, a 9 anni dall’ultimo presidio importante del Popolo Viola, quando la Cassazione certificò la condanna definitiva di Silvio Berlusconi, dover convocare ancora le e gli attivisti/e per un presidio per sancire che anche solo il pensiero di sentirlo nominare come candidato al Quirinale è quanto di più lontano che un Paese civile e democratico possa aspettarsi.

Ma invece siamo ancora qui, a chiedere che il 4 gennaio, a Roma, piazza Santi Apostoli, dalle 17 in poi, ci si ritrovi in un presidio resiliente e resistente. Una iniziativa che vorrebbe servire a mettere sul “chi va la” chi sarà chiamato dal presidente della Camera Fico a votare il, o meglio la, presidente della Repubblica Italiana.

Il nostro sarà un avvertimento civile e composto, ma chiaro: non si vota un pregiudicato e chi ha rappresentato negli ultimi 30 anni il peggio della politica italiana, con le sue gaffe, le sue leggi ad personam, i suoi processi e anche i suoi stili di vita che in qualsiasi altro paese democratico lo avrebbero espulso definitivamente dalla vita politica. Invece ancora oggi, ci troviamo a parlare del rappresentante di un’Italia arretrata e maschilista, colui che in una trasmissione televisiva, chiese a una ragazza: “Lei quante volte viene?” E continuando “Si giri..” mentre le osservava il deretano, tra le risate compiaciute del pubblico e del giornalista. Di questo soggetto si parla come possibile presidente di tutti e tutte noi, ma per fortuna c’è qualcuno che ne parla come di una figura divisiva che demolirebbe l’ultima istituzione rispettata.

Eppure quella che stiamo vivendo è una sceneggiatura che sembra scritta dal regista di “Good Bye, Lenin!”, ma al contrario. Mentre lì la protagonista si risveglia e deve fare i conti con un mondo completamente diverso dopo la caduta del muro e del comunismo, qui è come se ci fossimo addormentati quel 1 agosto 2013 in piazza Cavour a Roma, convinti che Berlusconi sarebbe uscito definitivamente dalla scena politica e ci potremmo risvegliare fra poco più di un mese con la sorpresa di vederlo occupare il ruolo di più alto rappresentante istituzionale.

Ecco perché il presidio del 4 gennaio non sarà un raduno di redivivi, ma la rappresentanza di quella società civile, lo abbiamo visto tante volte, che ha sempre oscillato tra fasi di latenza e di movimento, ben identificate da Alberto Melucci come momenti di sperimentazione ed elaborazione di nuovi significati e nuovi codici, per formare una identità collettiva che emerge quando necessario.

È capitato tante volte nella nostra storia: negli anni ci siamo impegnati in progetti diversi (ecologia, diritti, democrazia) che non esigevano una presenza in piazza, ma piuttosto elaborazioni culturali e politiche. Spesso abbiamo sopperito noi, forse indegnamente, alla mancanza di grandi figure di riferimento che storicamente rappresentavano l’avanguardia intellettuale di questa identità: Franca Rame, Dario Fo, Oliviero Beha, Mario Monicelli, Margherita Hack, Giorgio Bocca, Gino Strada, Andrea Camilleri, per citare solo alcune e alcuni di coloro che parteciparono alle nostre iniziativa, sostenendo le nostre battaglie, e che purtroppo non ci sono più. Per fortuna una nuova generazione – soprattutto in merito alle emergenze climatica, sociale e della cura – è nuovamente mobilitata nelle piazze e sui social, come è stato con il Popolo Viola. A queste nuove soggettività chiediamo di unire gli sforzi per aprire una nuova stagione sul fronte della salvaguardia della democrazia e difesa delle istituzioni.

Quindi ci vediamo il 4 gennaio, dalle 17, in piazza Santi Apostoli, “sperando che non sia follia”, come concludevano Battisti e Mogol.

Tratto dall’Huffigtonpost.it

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Il Popolo viola torna in piazza per dire no a Berlusconi al Colle: il Parlamento ha un’enorme responsabilità

Dove eravamo rimasti? Ah sì, era l’1 agosto 2013 stavamo davanti al Palazzo di Giustizia di Roma, in attesa che la Corte di Cassazione confermasse o meno la decisione di condanna della Corte di Appello a quattro anni di detenzione per Silvio Berlusconi, riguardo al processo Mediaset. Era uno degli ultimi presidi del Popolo Viola, il grande movimento di società civile che avevamo animato sin dal dicembre del 2009, a partire dalla grande manifestazione di piazza San Giovanni di Dio, il No Berlusconi Day che vide arrivare da tutta Italia una marea di persone che riempirono e colorarono il corteo e la manifestazione finale. Una di quelle iniziative di cittadinanza attiva che sono state il vero vaccino contro la deriva autoritaria e antidemocratica dei governi Berlusconi: il loro successo fu inappellabile, con buona pace di Alessandro Sallusti.

Pensavamo che il nostro compito di controllo democratico, con la condanna e la uscita di Berlusconi dalle istituzioni, fosse ormai terminato, ed invece siamo costretti a convocare ancora un presidio, dopo tutti questi anni: il 4 gennaio dalle 17 in poi a Roma, in piazza Santi Apostoli; è il giorno indicato dal Presidente Fico per stabilire il calendario dell’elezione del Presidente della Repubblica. Saremo ancora in piazza a causa della sempre più probabile candidatura di Silvio Berlusconi al più alto ruolo istituzionale italiano.

Purtroppo, ci ritroviamo a parlare della possibile elezione di un uomo che ha svilito le nostre istituzioni (con la compravendita di parlamentari, la marea di leggi ad personam, le innumerevoli gaffe internazionali…) e calpestato le regole della civile convivenza (con il falso in bilancio e il legittimo impedimento, l’utilizzo delle donne e la loro mercificazione…) e per questi motivi è ineleggibile.

Chi volesse rendersi conto di tutte le leggi ad personam, considerando solo quelle delle quali si sono giovati personalmente il Cavaliere Nero o una delle sue aziende, può rinfrescarsi la memoria oltre che su questo giornale anche sul sito di Libertà e Giustizia, ma provo a riassumerle per gli smemorati, affiancati da alcuni successi delle nostre mobilitazioni. Per me non è difficile perché rappresentano anche la mia presenza in piazza per ciascuna di queste norme che esemplificavano il vulnus democratico di Berlusconi a capo delle istituzioni.

Dalla prima, quella che non si scorda mai, del 1994. Appena Berlusconi arriva al governo, prova ad emanare il Decreto Biondi che vieta la custodia cautelare in carcere per i reati contro la Pubblica amministrazione e quelli finanziari, comprese la corruzione e la concussione. Solo dopo la sollevazione popolare con le proteste in piazza contro il “Salvaladri”, promosse anche dai comitati Boicotta il Biscione, inducono la Lega e An a ritirare il consenso al decreto, anche dopo l’autoscioglimento del Pool di Mani Pulite, e a costringere Berlusconi a lasciarlo decadere in Parlamento per manifesta incostituzionalità.

Passando per le norme “Salva Rete 4” con la Legge Maccanico e il governo D’Alema che accorrono a salvare la terza rete di Berlusconi dall’applicazione della legge Mammì che esplicita come sia incostituzionale che un soggetto unico, la Fininvest, possieda il concentramento di tre reti tv sull’analogico terrestre.

Come possiamo dimenticare poi la legge del 2001 che cancella le prove giunte dall’estero per rogatoria ai magistrati italiani, molte riferite ai processi in corso proprio a carico del Cavaliere Nero, per fortuna i tribunali scoprirono che la legge contraddiceva tutte le convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e tutte le prassi seguite da decenni in tutta Europa. E, siccome quelle prevalgono sulle leggi nazionali, disapplicarono la legge sulle rogatorie, che resterà lettera morta.

Berlusconi nel 2002 ha cinque processi in corso per falso in bilancio, così la sua maggioranza approva i decreti delegati che riformano i reati societari, depenalizzando alcune fattispecie di reato e anestetizzando proprio il falso in bilancio. In questo modo tutti i processi al Cavaliere Nero per tale reato vengono cancellati. Fu anche questo uno dei motori per la nascita dei Girotondi, a fianco di Nanni Moretti.

E così arriviamo al colpo di coda del governo Berlusconi IV quando, non sapendo più come bloccare i processi Mediaset e Mills, l’allora premier fa approvare il 10 marzo 2010 una legge che rende automatico il “legittimo impedimento” a comparire nelle udienze per sé stesso e per i suoi ministri: sufficiente un’autocertificazione.

Ma se non bastasse questa carrellata di atti il cui fine era semplicemente salvare sé stesso e le sue aziende dai processi in corso per i reati commessi, c’è tutta la questione extragiudiziale dell’aver calpestato le regole della civile convivenza a partire dalle numerose gaffe internazionali che hanno ridicolizzato il nostro Paese nel mondo.

Come nel caso del terremoto in Abruzzo: “Certo, si tratta di alloggi temporanei. Ma lo dovrebbero prendere come un weekend di campeggio”. Fu il commento alla televisione tedesca N-TV dell’allora Presidente del consiglio sui 28.000 senza tetto del terremoto costretti al campo d’accoglienza per gli sfollati (8 aprile 2009)

O dopo l’incontro con il Presidente Usa: “Vi porto i saluti di uno che si chiama… uno abbronzato… Ah, Barack Obama”. E poi «voi non ci crederete, ma sono andati a prendere il sole in spiaggia in due, perché è abbronzata anche la moglie» (27 settembre 2009).

Oppure come possiamo dimenticare la sua opinione sul fascismo e il dittatore Benito: “Mussolini non uccise nessuno, Mussolini mandava la gente in vacanza all’estero”. Disse l’ex primo ministro in una intervista del settimanale britannico The Spectator (11 settembre 2003)

“Tra qualche mese me ne vado, vado via da questo paese di merda… di cui… sono nauseato… punto e basta”. Disse in una telefonata del 13 luglio 2011 intercettata.

Ecco proprio su quest’ultimo punto lo vorremmo rassicurare: la soluzione potrebbe essere emigrare all’estero: meglio lui che noi. Magari dal suo amico Putin, protagonista di una delle più famose gaffe di Silvio Berlusconi quando sorridente mimò con le mani un mitra indirizzandolo verso un giornalista che aveva fatto una domanda scomoda, era l’aprile del 2008 con ancora vivo l’omicidio della giornalista russo-americana Anna Stepanovna Politkovskaja, uccisa a colpi di pistola.

Se noi il 4 gennaio saremo in piazza Santi Apostoli dalle 17 con il nostro presidio è anche per sottolineare due aspetti fondamentali:

– Che tra i mass-media italiani, fatta eccezione per Il Fatto con la sua petizione che ho prontamente firmato, in pochissimi sembrano considerare il fatto che esista una ineleggibilità morale e sociale del pregiudicato Silvio Berlusconi, al di là delle norme scritte, per ricoprire la carica di presidente della Repubblica

Tratto da ilfattoquotidiano.it